“Domani la Corte Costituzionale deciderà sulla rivalutazione delle pensioni – dopo il blocco del 2012-2013 e la parziale restituzione del 2015 – e siamo fiduciosi che verranno riconosciuti i diritti di tanti pensionati che hanno visto ridotto il potere d’acquisto e sviliti anni di lavoro con il versamento di onerosi contributi previdenziali”: è quanto afferma Giorgio Ambrogioni, Presidente CIDA.
“Abbiamo deciso di assistere e sostenere i nostri iscritti nei ricorsi alla Consulta – ha spiegato Ambrogioni – perché si tratta di una battaglia di civiltà. Da troppi anni manager e dirigenti pensionati (ma anche pensionati ex quadri e tecnici) sono chiamati a sacrifici e decurtazioni del proprio reddito che si sommano ad una pressione fiscale fattasi opprimente. Come dimostrano i dati di importanti studi di ricerca, la nostra categoria rientra in quel 12% di italiani che versa al fisco oltre il 54% dell’Irpef complessiva.
“L’appello ai giudici della Corte Costituzionale nasce da queste premesse e vuole restituire la tranquillità economica a chi ha lasciato il lavoro con delle precise aspettative di reddito che, poi, vengono scardinate dal legislatore. Domani, 24 ottobre, saranno discusse le questioni di costituzionalità delle regole sulla perequazione con il decreto legge 65/2015. A sua volta formulato dal Governo in risposta alla bocciatura delle norme precedenti, arrivata sempre dalla Corte costituzionale con la famosa sentenza 70/2015, che ha riconosciuto come illegittima e incostituzionale una delle norme inserite nel cosiddetto decreto ‘salva Italia’, che chiedeva un sacrificio a molti pensionati. Ovvero il blocco della perequazione per quel biennio, una sospensione dell’indicizzazione che ha causato un crollo del potere di acquisto delle pensioni. C’è chi stima una perdita anche del 10%. Una decurtazione che, va precisato, non verrà più recuperata e che sta a dimostrare come questi pensionati abbiano ‘già dato’ il proprio contributo alle casse dello Stato.
“CIDA è perfettamente consapevole che vi sono vincoli di spesa pubblica in cui rientra quella pensionistica, ma il criterio del risparmio e del rigore non può essere applicato sempre nei confronti dei percettori di reddito fisso in generale e dei pensionati in particolare. I dati in nostro possesso indicano che non vi è alcun rischio-avvitamento per il bilancio dell’Inps, una volta che si distingua la spesa per le pensioni dalla spesa per l’assistenza, che va posta a carico della fiscalità generale.
“Siamo convinti che la Corte Costituzionale saprà equilibrare le esigenze dei conti pubblici con i principi della nostra Carta fondamentale e trovi nella sentenza il modo per far valere i principi di equità ed i diritti dei cittadini, senza minare il futuro delle finanze pubbliche: Ed evitare, anche, il ripetersi di escamotage legislativi per non rispettare il dettato della Corte”, ha concluso Ambrogioni.