L’avvio della stagione contrattuale 2019-2021 per i pubblici dipendenti si svilupperà nel contesto degli effetti economici della pandemia che ancora avvolge nelle sue spire il nostro Paese. La nostra Federazione è conscia e partecipe di tale contesto e ritiene imprescindibile, ora più di sempre, applicare come primo principio etico dell’esercizio della funzione delle alte professionalità e dei dirigenti pubblici quello di operare nell’ottica primaria degli interessi generali della collettività nazionale. L’azione dei settori della Sanità, delle forze dell’Ordine, dell’Istruzione e di tutti gli uffici pubblici deve continuare ad orientarsi secondo tale principio, evitando di indulgere in tentazioni corporative, che l’opinione pubblica giudicherebbe completamente fuori luogo e fuori tempo in questo momento drammatico.
In quest’ottica, la Federazione Funzione Pubblica CIDA sta lavorando insieme alle rappresentanze delle dirigenze private rappresentate nella Confederazione CIDA per formulare proposte di emendamento del disegno di legge di bilancio 2021, ora all’esame del Parlamento, in modo tale da “incrociare”, nell’equilibrio migliore possibile, gli interessi della collettività nazionale con il buon andamento delle amministrazioni e le necessità dei lavoratori pubblici.
Considerata, pertanto, la presenza di uno specifico articolo nel Disegno della Legge approvato dal Consiglio dei Ministri per il finanziamento dei contratti collettivi pubblici (art. 164 riportante “Incremento fondo rinnovo contrattuale”) questa Federazione propone in aggiunta di concentrare l’attenzione verso un impegno di natura qualitativa: l’inserimento all’interno dei Contratti Collettivi di Lavoro del Settore pubblico di una disciplina del welfare aziendale, con particolare riferimento a Sanità in convenzione e Previdenza complementare.
La proposta in questione mira non solo ad un oggettivo miglioramento qualitativo della contrattazione pubblica ma anche al perseguimento in tal modo di una reale misura di perequazione fra le modalità di regolazione del rapporto di lavoro pubblico e quello privato, che in tale specifico ambito (il welfare aziendale) vedono il settore pubblico assolutamente deficitario. L’inserimento di reali politiche di welfare aziendale all’interno del settore pubblico è coerente con la progressiva osmosi col mondo privato in cui la forte espansione del welfare aziendale nei contratti collettivi affianca utilmente la disciplina di natura squisitamente retributiva.
All’interno poi degli strumenti di welfare aziendale, spicca l’assistenza sanitaria, che già oggi costituisce uno dei benefit maggiormente apprezzati in ambito aziendale. Secondo le ultime ricerche, infatti, più di un’impresa su due in Italia ha adottato il welfare sia per i vantaggi fiscali offerti da questo strumento che per la più ampia tutela della salute.
Senza addentrarsi in questa sede nello specifico delle caratteristiche dei benefici che procurano ai lavoratori idonee clausole contrattuali, è importante ricordare che una centrata politica di adesione a fondi sanitari, promossa e finanziata da contratti collettivi, può procurare ingenti vantaggi in termini di supporto alle spese sanitarie anche di tipo, ad esempio, odontoiatrico e pediatrico nell’ambito familiare. Inoltre, comprendere all’interno delle previsioni finanziate nei contratti quote di copertura assicurativa sanitaria a favore dei singoli dipendenti comporta non solo la rimborsabilità delle spese sostenute, ma anche l’esenzione fiscale di tali benefici economici a termini dell’articolo 51, comma 2, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi.
Parimenti vantaggiosa e lungimirante apparirebbe la previsione di incentivi utili all’adesione ai fondi di pensione complementare, in considerazione del contesto “severo” dei trattamenti di pensione finali garantiti in futuro dalla pensionistica obbligatoria. Anche in questo settore vigono disposizioni fiscali di agevolazione ai lavoratori percettori di reddito: l’art. 10, comma 1, lett. e-bis) del TUIR prevede espressamente che i contributi versati alle forme pensionistiche complementari sono interamente deducibili dal reddito complessivo. E’ evidente che benefici in termini di agevolazioni all’adesione a fondi negoziali incrementerebbero il vantaggio finanziario individuale dei lavoratori.
La nostra proposta di benefici sanitari e previdenziali finanziati dal datore di lavoro prelude ad un impegno molto importante della parte pubblica e delle rappresentanze sindacali in sede dei prossimi contratti, ma la difficoltà del percorso non può farci dimenticare che, oltre che nel lavoro privato, esiste già un settore dell’amministrazione pubblica nel quale un CCNL ha previsto e finanziato una convenzione sanitaria: esattamente quello rivisto dall’articolo 46 del CCNL degli Enti pubblici non economici del lontano 28 marzo 1995 (biennio economico 94/95) che finanziò la “stipula di polizze sanitarie integrative”: quell’esperimento fu coronato da pieno successo e i dipendenti pubblici all’epoca beneficiati ne godono tuttora.
Appare oggi giusto e corretto estendere e potenziare quei benefici a tutti i comparti e le aree del pubblico impiego, non solo nel campo sanitario, ma anche previdenziale. Questa Federazione si dichiara fin da oggi pronta a offrire la propria collaborazione fattiva per qualunque ipotesi o azione capace di offrire al Paese una vista dei lavoratori pubblici come soggetti pienamente responsabilizzati, partecipi e attori della migliore risposta ai problemi di tutti.