Un modello di sviluppo orientato alla crescita, portatore di una ‘nuova’ politica economica: meno trasferimenti assistenziali, più investimenti nel capitale umano e nelle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Senza una vera e strutturale crescita dell’economia, i redditi resteranno fermi o scenderanno e ogni anno si ripresenterà il problema di una spesa pubblica difficilmente sostenibile e di una pressione fiscale elevata e concentrata su pochi cittadini, con il rischio di compromettere la tenuta complessiva del welfare state. E’ questa la premessa del documento consegnato da CIDA, la confederazione dei dirigenti e delle alte professionalità, alle Commissioni bilancio di Camera e Senato, nell’ambito dell’esame del disegno di legge di bilancio 2021.
Pur apprezzando “i principali obiettivi individuati, in particolare quelli relativi al sostegno dei lavoratori e dei settori produttivi più colpiti dalla pandemia, al sostegno del sistema scolastico, all’attuazione di un’ampia riforma fiscale e al rilancio degli investimenti pubblici”, nonché al recepimento di linee e risorse del Recovery fund, si legge nel testo, i manager di CIDA pongono una serie di ‘distinguo’.
Il primo, di merito, critica il Ddl perché “focalizza l’attenzione solo sull’emergenza, non potenziando quelle misure, come gli investimenti, per aumentare produttività e crescita. Il sostegno ai settori più colpiti va attuato non solo con i sussidi – utili per il primo periodo della pandemia – ma soprattutto con gli investimenti, capaci di prospettare e costruire il futuro delle imprese e dei lavoratori. Occorre strutturare le risposte alla crisi che, inevitabilmente, si protrarranno per i prossimi anni, uscendo così dai confini emergenziali”.
Altro rilievo mosso dall’associazione dei dirigenti, è di metodo: “Come ormai sta accadendo da mesi, il Governo non ha ritenuto opportuno discutere preventivamente i provvedimenti con le Parti Sociali, mettendo quindi a punto norme che non prendono in considerazione le valutazioni di coloro che rappresentano la voce di imprenditori e lavoratori a tutti i livelli. Tutto questo provoca uno scollamento sociale che, soprattutto in questo particolare momento, doveva essere evitato”.
Un ulteriore appunto riguarda l’insufficiente ‘visione’ nei confronti dell’apporto che i manager possono dare alla crescita economica: “Tutte le volte che il legislatore ha previsto incentivi per la diffusione della managerialità – sottolinea CIDA – le imprese ne hanno tratto cospicui vantaggi”. Così è accaduto, ad esempio, per il temporary management, “per la realizzazione di specifici progetti o per determinate fasi gestionali della vita dell’azienda”, così come ora, di fronte alla crisi provocata dal Covid che ha pesantemente colpito il settore del leisure, si dovrebbero “dotare tutti gli assessorati del Turismo di una figura altamente specializzata che possa lavorare a fianco delle istituzioni politiche, quale quella del destination manager”.
In estrema sintesi, le proposte di CIDA possono essere così riassunte:
FISCO: la pressione fiscale si è accresciuta notevolmente negli ultimi anni soprattutto sulle fasce di reddito medio-alte, determinando un progressivo impoverimento di quel ceto produttivo composto da professionisti, manager, insegnanti, impiegati, piccoli imprenditori, ecc. che ha rappresentato storicamente il fulcro della democrazia rappresentativa e della crescita inclusiva. Riteniamo, quindi, che nell’ambito della riforma fiscale annunciata dal Governo, occorre agire, parallelamente, sia sul piano dell’entità del prelievo fiscale, sia su quello della razionalità e sull’equità del sistema. L’obiettivo è quello dare messaggi sul fronte della riduzione della spesa e del recupero dell’evasione, prevedendo di reperire eventuali ulteriori risorse non sui redditi da lavoro, ma altrove.
LAVORO: va invertito il trend del rapporto tra politiche passive e attive in favore di queste ultime e va attivata quella rete nazionale per le politiche attive prevista da anni e mai attuata, con un coordinamento forte in capo ad Anpal in grado di definire i livelli essenziali in tutto il territorio nazionale e di indirizzare gli attuali venti sistemi regionali di governance delle politiche per il lavoro. Un capitolo a parte merita il crescente fenomeno del Workers BuyOut (WBO) ovvero la rilevazione di un’impresa, priva di ricambio generazionale e senza futuro sul mercato, da parte dei suoi lavoratori dipendenti. A fianco al Workers BuyOut vi è la pratica del Management BuyOut, quando sono i manager ad acquisire l’azienda in crisi. Entrambi andrebbero opportunamente incentivati, per esempio sul piano fiscale, specie nella fase dell’avvio, perché consentono la continuità dell’attività imprenditoriale senza passaggi di proprietà e interruzioni e il mantenimento dei posti di lavoro senza dover ricorrere agli ammortizzatori sociali.
PENSIONI: ripristinare un criterio di maggiore flessibilità all’interno del sistema previdenziale, mantenendo però ferma la sua sostenibilità finanziaria, alla base del patto generazionale su cui si fonda la previdenza pubblica. Va colta l’occasione per apportare le necessarie modifiche all’impianto generale, garantendo per gli anni futuri stabilità e certezza delle norme, elementi troppo spesso trascurato e senza i quali è impossibile per imprese e lavoratori programmare il futuro.
SANITÀ: bene lo stanziamento di 500 milioni di euro per la ‘valorizzare il servizio della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria presso le strutture del Servizio Sanitario Nazionale’ come predispone il ddl, ma l’incremento del 27% dell’indennità di esclusività di rapporto rischia di innescare palesi discriminazioni a danno di giovani medici e di coloro che hanno optato per il regime di non esclusività di rapporto.
SCUOLA: introdurre il livello contrattuale dei quadri, figure intermedie tra docente e dirigente; istituire per il personale docente una vera carriera; adottare un piano di formazione permanente, strutturale e continuo, per una reale innovazione didattica; armonizzare la retribuzione dei dirigenti delle scuole con quella degli altri colleghi dell’area ‘istruzione e ricerca’.
PA: CIDA propone di impegnare il Governo, attraverso un emendamento al ddl bilancio, per inserire obbligatoriamente la disciplina del welfare aziendale, con particolare riferimento a sanità in convenzione e previdenza complementare, all’interno dei contratti collettivi di lavoro del settore pubblico. Tale proposta si pone il fine ultimo di perseguire una reale misura di perequazione fra le modalità di regolazione del rapporto di lavoro pubblico e quello privato, che in tale specifico ambito vedono il settore pubblico assolutamente deficitario.