“La spesa pensionistica nel 2016 è ammontata a poco più di 200 mld, che scendono a 150 mld al netto delle imposte, a fronte di entrate contributive di oltre 180 mld: alla luce di questi numeri forniti da ‘Itinerari previdenziali’ viene smentita ogni ipotesi di ‘allarme pensioni’”. Lo ha detto Giorgio Ambrogioni, Presidente di CIDA. “Il V Rapporto sul bilancio del sistema previdenziale italiano presentato oggi a Roma, fa chiarezza su molti luoghi comuni in tema di pensioni e spero contribuisca a riportare il dibattito sui binari della correttezza e della certezza dei dati dopo l’ubriacatura delle esternazioni pre-elettorali. Il primo punto che l’analisi di Alberto Brambilla pone all’attenzione è quello della separazione fra assistenza e previdenza. La prima, infatti, deve andare necessariamente a carico della fiscalità generale per comprenderne la reale portata e consentire una veritiera lettura dei bilanci dell’Inps.
“Altro elemento che emerge – ha aggiunto il Presidente di CIDA – riguarda i presunti ‘allarmi’ in tema di spesa pensionistica provenienti dagli organismi internazionali, dal Fmi, dall’Ocse e dall’Eurostat. I dati di partenza sono comunque forniti dall’Istat, visto che le istituzioni economiche internazionali non hanno modelli econometrici ‘tarati’ sulla spesa pubblica italiana, in grado cioè di scomporla ed analizzarla in dettaglio. Ebbene se si leggono bene i numeri, riscontriamo che la spesa per le pensioni in Italia non è, come viene spesso affermato, pari al 18% del Pil. Se così fosse saremmo al di sopra della media europea del 15% attribuita ai 27 Paesi europei. In realtà nel 2016 la spesa pensionistica italiana è stata pari a 200,7 mld lordi, cioè 150 mld al netto di tasse ed imposte che gravano sulle pensioni, a fronte di contributi per 181,1 mld. Quindi, in un bilancio serio, la situazione è di saldo positivo e non di deficit, e la percentuale corretta pensioni/Pil è del 13,5%.
“La vera notizia, semmai, è che a pagare le tasse sulle pensioni, per il 90%, sono poco più del 38% dei 16,1 milioni di pensionati e di tale percentuale l’11% ne paga quasi la metà. Al contrario oltre il 51% dei pensionati sono totalmente o parzialmente assistiti dalla fiscalità generale. Non esito ad affermare che fra i pensionati che pagano regolarmente le tasse ci sono quadri, dirigenti pubblici e privati che dopo aver contribuito a coprire una quota importante dell’Irpef da lavoratori attivi, continuano, da pensionati, a versare al fisco una fetta importante dei loro redditi. Queste considerazioni, suffragate, dai numeri, dovrebbero anche essere sufficienti a sgomberare il campo dai velleitari annunci in tema di ‘pensioni d’oro’: un immaginario status di privilegiati (2.500, 3.000, 5.000 euro al mese? netti o lordi?) che rappresenterebbe un fiabesco tesoretto cui attingere risorse per dare la pensione a tutti, anche a chi di contributi non ne ha versati.
“Insomma – conclude Ambrogioni – il Rapporto presentato da Itinerari previdenziali – è un salutare bagno di realismo che deve indurre la politica, ma soprattutto la prossima legislatura ed il prossimo Governo, ad affrontare con serietà il tema delle pensioni, sfrondandolo dalla demagogia, rispettando i diritti acquisiti e consentendo a chi ha lavorato una vita per garantirsi una vecchiaia serena di conservare fiducia nelle leggi di questo Paese”.