Ministero dell’Istruzione e CIDA hanno siglato un protocollo d’intesa nell’ambito dell’alternanza scuola-lavoro. L’obiettivo è quello di promuovere la collaborazione, il raccordo e il confronto tra il sistema educativo di istruzione e la cultura gestionale.
“Fra i nostri associati – spiega Giorgio Ambrogioni, Presidente CIDA – vi sono manager dell’industria, del terziario, della pubblica amministrazione, della sanità e della stessa scuola. Contiamo quindi su un enorme bagaglio di competenze dal quale attingere le professionalità più adatte per accompagnare gli studenti nel mondo del lavoro ed aiutarli a comprenderne non solo le dinamiche, i ruoli, ma anche i valori, gli aspetti formativi e di accrescimento personale”.
Nel protocollo, CIDA e le proprie Federazioni si impegnano a predisporre elenchi di manager che, a livello territoriale ed a titolo gratuito, si rendono disponibili ad assistere gli studenti in progetti di alternanza scuola-lavoro. La figura del manager-tutor diventa così un nevralgico punto di raccordo fra i docenti e gli studenti. Ma non solo: il tutor deve anche supportare le piccole e medie imprese ad accogliere e inserire gli studenti. Si tratta di realtà produttive molto diffuse sul territorio, ma che spesso scontano una certa rigidità gestionale e fanno fatica ad aprirsi a nuove esperienze apparentemente dispersive. Il tutor, insomma, deve saper colmare l’inesperienza del giovane e superare le diffidenze delle PMI.
E per non ripetere alcune esperienze negative – sottolinea Ambrogioni – il protocollo con il Miur prevede anche che CIDA svolga iniziative di monitoraggio e valutazione delle attività di alternanza scuola-lavoro. Con particolare riguardo alla possibilità, per le aziende che hanno aderito ai progetti, di esprimere una valutazione in ordine alla preparazione degli studenti partecipanti e all’efficacia dei percorsi.
Anche un apposito Comitato Paritetico Ministero-CIDA, coordinato dal Miur, si farà carico di monitorare e valutare le varie iniziative ed esperienze, proprio per misurarne gli effetti, l’efficacia, le potenzialità e correggerne, se il caso, errori ed imperfezioni.
“Le proteste degli studenti, scesi in piazza contro storture e pessime applicazioni dell’alternanza scuola-lavoro – sottolinea Ambrogioni – vanno ascoltate e pretendono una risposta. Che, per quanto ci riguarda, è quella di impegnarci a proporre modelli validi e funzionanti del progetto alternanza scuola-lavoro. Va insomma respinto con decisione ogni tentativo di cestinare il tutto perché qualcuno ha sbagliato o si è comportato male. Se vi sono stati casi di ‘sfruttamento’ degli studenti, vanno isolati e condannati. Ma poi occorre andare avanti e prendere esempio dai numerosi casi di successo. L’alternanza scuola-lavoro non è un’invenzione da provare per qualche anno, pronti ad archiviarla alle prime difficoltà. Non si sta mettendo alla prova la diligenza dei dirigenti scolastici, né la pazienza degli studenti né, tantomeno, si vuole far ingoiare alle imprese l’ennesima complicazione burocratica. Stiamo parlando di un canale importante di un nuovo ed articolato sistema di apprendimento, che non è più quello tradizionale, impostato sul rapporto insegnate-studente, né può essere racchiuso all’interno di un’aula scolastica. Nel nuovo sistema di apprendimento, scuola e studenti devono orientarsi di più e meglio, alle richieste ed alle aspettative del mondo della produzione. E l’esperienza dello studente in un luogo di lavoro – preferibilmente, ma non necessariamente, affine al suo percorso di studi – deve servire a far capire il rispetto delle regole e degli orari, il perché della gerarchia, il valore del ‘gioco di squadra’, l’attitudine ad affrontare e risolvere i problemi. Una dimensione del tutto nuova per lo studente, che seguito dal docente e accompagnato dal tutor, avrà una chance in più per diventare il lavoratore di domani”.
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