Aumentare la flessibilità in uscita, incentivare la previdenza complementare, sterilizzare il calo del pil sui futuri assegni pensionistici, separare previdenza e assistenza: sono questi i punti fermi che CIDA, la confederazione dei dirigenti pubblici e privati e delle alte professionalità, porrà al tavolo di confronto sulla previdenza con il Governo.
“Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, ha fatto sapere che il negoziato con le parti sociali si potrà riaprire al più presto – ha detto il presidente di CIDA, Mario Mantovani – e ovviamente intendiamo sederci al tavolo con idee e proposte concrete per tutelare i nostri pensionati, salvaguardare le pensioni future dei giovani manager e dare un contributo per mantenere in equilibrio il sistema previdenziale. Qualsiasi saranno le formule che si andranno a proporre, occorrerà tenere in seria considerazione il fatto che i giovani non hanno la certezza di retribuzioni continuative e dinamiche come le generazioni precedenti. Pertanto, è evidente che per rendere il sistema pensionistico pubblico sostenibile nel tempo occorre in prospettiva renderlo più leggero rivedendo in riduzione progressiva anche le aliquote contributive, lasciando maggiore spazio alla previdenza complementare basata sul sistema a capitalizzazione. Ecco perché sarebbe utile alzare il limite della deducibilità fiscale degli investimenti in previdenza complementare, da anni fermo ad un ‘tetto’ di poco superiore ai 5mila euro.
“Inoltre, vorremmo che si affrontasse l’annosa questione della separazione fra assistenza e previdenza. Abbiamo più volte sostenuto, con l’avallo di studi economici terzi, la sostenibilità della spesa pensionistica una volta depurata della componente assistenziale, che non può non ricadere nella fiscalità generale. Ci auguriamo che l’apposita commissione istituita dal precedente Governo possa lavorare speditamente, anche con la creazione di una ‘anagrafe delle prestazioni assistenziali’, essenziale per garantire un monitoraggio efficace tra i diversi enti erogatori con un adeguato sistema di controlli. Nessuno vuole ridurre la spesa per il welfare – prosegue il presidente di CIDA – ma occorre una gestione più manageriale dei flussi di spesa, con meccanismi di controllo e una più efficiente allocazione delle risorse.
“Per quanto riguarda la flessibilità in uscita, dopo il sostanziale fallimento di ‘Quota 100’, riteniamo valide alcune formule. Bene, quindi, a tutti gli strumenti che rendano più agevole una scelta personale. Alcuni sono già presenti nel nostro sistema: l’Ape sociale, l’Ape aziendale e volontaria (che andrebbero ripristinate), la RITA. Altri possono essere inseriti, non in senso assistenziale, ma nella logica di fornire un adeguato ‘cassetto degli attrezzi’ previdenziali al giovane lavoratore. Pensiamo a formule assicurative, collegate al ‘secondo pilastro’ della previdenza complementare e finalizzate alla copertura di eventuali ‘buchi’ contributivi in caso di disoccupazione o perdita della capacità lavorativa (long term care).
“C’è poi da affrontare e risolvere l’effetto negativo su chi è prossimo al pensionamento, delle conseguenze economiche provocate dal calo del pil indotto dalla pandemia. Se in passato, in situazioni simili, venne adottato un provvedimento legislativo correttivo, oggi riteniamo opportuna una ‘sterilizzazione’ del montante contributivo.
“Più in generale, se si vuole nuovamente riformare il sistema pensionistico e renderlo più flessibile, occorre partire dal lavoro, in particolare per i giovani e le donne, poi migliorare e implementare tutti gli strumenti già in essere a sostegno della vita contributiva del lavoratore e, infine, evitare formule punitive per chi decide di anticipare il pensionamento”, ha concluso Mantovani.