“Con l’abbandono sostanziale dell’alternanza scuola-lavoro, crediamo si sia persa un’occasione. Certamente per gli studenti, che avrebbero avuto un’esperienza formativa nel mondo del lavoro da ‘spendere’ poi nell’accesso alle professioni o anche per una scelta di prosecuzione negli studi universitari o negli ITS; ma anche per le aziende, che avrebbero trovato sul mercato neo-diplomati già consapevoli delle regole che il lavoro organizzato richiede: rispetto degli orari e delle gerarchie, lavoro di squadra, condivisione e soluzione dei problemi”. Lo ha detto Licia Cianfriglia, Vice Presidente di CIDA, commentando gli ultimi dati forniti dal Miur, relativi al progetto di obbligo avviato con la ‘buona-scuola’ e recentemente ridenominato ‘percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento’.
“Le cifre fornite durante un’interrogazione parlamentare sono drammatiche: il monte ore obbligatorio minimo per i licei è passato da 200 ore, nel triennio, a 90 ore (in tre anni di alternanza); per gli istituti tecnici, da 400 ore, nel triennio, a 150 ore di alternanza in tre anni; e per i professionali (alberghieri, agrari, …) è passato da 400 ore di alternanza a 180 ore, cioè quasi il 60% in meno di ore. Stiamo parlando – ha aggiunto Cianfriglia – di un’attività curriculare obbligatoria, svolta solo dal 52% degli studenti. Eppure, nel precedente monitoraggio, risultava che avevano svolto attività di alternanza il 90% degli studenti, con 76 mila percorsi e 6 mila scuole. Questo sta a significare che l’esperienza dell’alternanza scuola-lavoro, sulla quale non sono mancate critiche, è destinata ad un progressivo smantellamento, mentre sarebbe stato più corretto ed utile operare per un suo miglioramento. CIDA aveva già agito in tal senso, mettendo a disposizione, gratuitamente, manager-tutor con il compito di facilitare l’avvicinamento degli studenti al mondo del lavoro”.
“L’alternanza scuola-lavoro era uno strumento in grado di costruire e consentire un dialogo continuo fra le due realtà e permettere di colmare progressivamente il disallineamento tra i profili formativi in uscita dalla scuola e quelli richiesti dal mondo del lavoro. Le scelte fatte, come era prevedibile, hanno diminuito le opportunità di miglioramento e frenato la spinta al cambiamento che era stata innescata nel triennio precedente. Un’occasione persa, per i ragazzi, per le imprese, per il Paese” conclude Cianfriglia.