Lettera aperta ai Presidenti CIDA e Federmanager. Nessun futuro per il Paese senza riconoscimento del merito e senza certezza del diritto.
Cari Presidenti,
ritengo che sarebbe eccessivo aggiungere ulteriori commenti tecnici ai tanti che, in questi giorni, sono formulati sui giornali e, stancamente ripresi anche in qualche talk show estivo, sull’ennesimo provvedimento di legge che si propone di tagliare le pensioni. Raccolgo, però, tanti messaggi di delusione e di amarezza rispetto a quello che sta accadendo. E sento mio dovere segnalarvi, con perfetta sincerità e forza, che la categoria è ormai sfiancata dagli attacchi continui che riceve.
Il progetto di legge del governo = negazione del merito e del diritto
Il progetto di legge ultimo è nient’altro che il seguito della linea di attacco avviata ormai da anni. La linea della “solidarietà contro qualcuno”. Quel qualcuno siamo noi, dirigenti o manager passati e futuri di questo Paese, individuati come privilegiati rispetto alla generalità degli altri cittadini che vivono con redditi complessivi al disotto degli 80mila euro lordi. Una dimensione di reddito, quella degli 80mila €, che, per quanto conquistata con fatica, impegno e onestamente, ci viene rinfacciata in ogni pubblica manifestazione come una “vergogna”. L’ultimo progetto di legge non si differenzia da tutti quelli che li hanno preceduti, tranne che per la spregiudicatezza del suo riferimento. E’ parte del capitolo di governo (paragrafo 26), dove si dice che è doveroso “tagliare i costi della politica e delle istituzioni, eliminando gli eccessi e i privilegi”. Nello stesso capitolo, e sullo stesso piano, sono inclusi anche i tagli alle c.d. “pensioni d’oro”, se non coperti da corrispondenti contributi. (E su questo poteva starci anche il nostro consenso, sempre che fossero stati resi disponibili i dati di contributi previdenziali, per tutto il corso di carriera di ciascun lavoratore). Ma ora la logica è nuovamente cambiata.
Spregiudicatamente
Mentre si continua a raccontare che non si vogliono mettere le mani nelle tasche dei cittadini. Questo non vale per i pensionati o, almeno, una parte di essi. Ed è una logica brutale e perversa. I tagli vengono proposti in ragione del fatto che avresti dovuto lavorare per il numero degli anni che la legge stabilisce ora e invece te ne sei andato in pensione prima, in base agli obblighi di legge che esistevano allora. L’enormità della pretesa: avresti dovuto resistere, non accettare il pensionamento. Non lo hai fatto! Ti abbiamo beccato, furfante! E ora ti puniamo, tagliandoti dal 10 al 20 per cento la tua pensione e questo vale anche per i pensionati dei prossimi anni!
Ormai siamo abituati a veder respinti i nostri ricorsi sulla base di una giurisprudenza che supporta, pur con qualche monito di circostanza, gli indirizzi politici in corso. Amara constatazione. Forse saranno trovate ragioni di necessità che dimostreranno la legittimità anche di disposizioni paradossali, al limite dell’assurdo. Come quella di cui parliamo in queste ore.
Pertanto, ed è la mia conclusione, non è più questione di aprire vertenze giudiziarie, ricorsi pilota, ecc. (che pure non dovranno mancare – per far sapere che nonostante tutto esistiamo – se le follie proposte dovessero avere anche l’approvazione parlamentare) quanto, piuttosto, di intraprendere intese con le forze più avanzate della nostra società civile per respingere una ideologia pericolosa. Che, in nome della “solidarietà contro”, vuole livellare progressivamente la società verso il basso. Facendo della previdenza un fatto esclusivamente assistenziale: ti do quello che ti serve, caso per caso, giorno per giorno.
Sfiducia
Abbiamo di che rammaricarsi noi anziani che pensavamo di poter vivere, da pensionati, in una società che può fidarsi dello Stato e delle leggi che, nel corso del tempo ha emanato. Ma, più di tutti, avranno di che aver paura i giovani che non sanno se il rispetto che hanno delle leggi in vigore oggi, non sarà loro imputato, un giorno, come colpa. E, pertanto, saranno puniti. E questo, una volta travalicato l’argine dell’affidamento nelle leggi dello Stato, può accadere sempre, per ogni rapporto economico e sociale che, avviato oggi, avrà i suoi effetti negli anni e decenni futuri. A riflettere, c’è da restare sconcertati!
Battersi per la certezza del diritto
Cari Presidenti,
ho cercato di mettere insieme pensieri e osservazioni di tanti colleghi pensionati che in questi giorni mi scrivono e mi telefonano. Spero che ne vogliate tenere conto, per iniziative utili e urgenti; e che, soprattutto, diano speranza alla categoria di pensionati che rappresento. Una categoria che, ancora una volta, riassunte nelle mie parole, si trova ad esprimere tutte le delusioni per i torti fin ora subiti e le più grandi preoccupazioni per il futuro. Incerto e minacciato.
Saluti cordiali. Buon Ferragosto!
Mino Schianchi
Presidente Comitato Nazionale di Coordinamento dei Gruppi Pensionati Federmanager