Prima, significativa vittoria nell’azione giudiziaria intrapresa a difesa dei diritti dei nostri rappresentati in materia previdenziale: la Corte dei Conti, Sez. giurisdizionale per il Friuli Venezia Giulia, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dei provvedimenti legislativi che hanno determinato l’ennesimo blocco della perequazione e il prelievo straordinario sulle pensioni di importo medio-alto. In particolare, con l’ordinanza 17 ottobre 2019, n. 6, la Corte dei Conti del Friuli VG ha rinviato al giudizio della Consulta, l’art. 1, comma 260, della l. n. 145 del 2018, per violazione degli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione; e l’art. 1, commi da 261 a 268, della l. n. 145 del 2018, per violazione degli artt. 3, 23, 36, 38 e 53 della Costituzione. In un’ordinanza di 36 pagine la Corte dei Conti del Friuli VG ha rilevato che i provvedimenti legislativi in questione non rispettano i tre fondamentali principi posti dalla Corte Costituzionale in tema di previdenza: ragionevolezza, adeguatezza, affidamento.
In particolare, sull’intervento di riduzione delle pensioni di importo elevato (art. 1 commi 261-268 della l.n.145/2018) nell’ordinanza si fa esplicito riferimento alla durata quinquennale, che di fatto determina una “decurtazione patrimoniale arbitrariamente duratura del trattamento pensionistico, con acquisizione al bilancio statale del relativo gettito. E costituisce un prelievo coattivo correlato ad uno specifico indice di capacità contributiva, che esprime l’idoneità del soggetto passivo all’obbligazione tributaria”. Confliggendo così, rileva la Corte di Conti, con gli articoli 3 e 53 della Costituzione, perché il prelievo grava soltanto “su specifiche categorie di pensionati e non su tutti i cittadini, con ciò risultando ingiustificatamente discriminatorio e non rispettoso dei canoni fondamentali di uguaglianza a parità di reddito e di universalità dell’imposizione”.
Inoltre, questa modalità di prelievo non è neanche giustificata da “alcuna condizione di eccezionalità e/o di specifica crisi del settore previdenziale, cui si debba far fronte con il tributo de quo”. Insomma, “il sacrifico imposto ad una ristretta cerchia di soggetti, si palesa del tutto ingiustificato e discriminatorio, impropriamente sostitutivo di un intervento di fiscalità generale nei confronti di tutti i cittadini”.
Per quanto riguarda, poi, la revisione del meccanismo di rivalutazione delle pensioni (art. 1 comma 260 l.n.145/208), secondo la magistratura contabile siamo in presenza di “una sequenza ininterrotta di provvedimenti che, secondo modalità diverse ma rispondenti ad una omologa ratio ispiratrice, hanno sistematicamente compresso (e talora del tutto escluso) la perequazione dei trattamenti pensionistici di maggior importo a partire dall’anno 2012. La situazione determinata con la legge di bilancio 2019, porta a considerare detta contrazione per un decennio 2012-2212”. Per il remittente, prosegue l’ordinanza, l’intervento sulla perequazione delle pensioni, presenta “due significativi profili di criticità”: non risulta “sorretto da specifiche esigenze di contenimento della spesa pubblica”, insiste su un arco temporale “difficilmente riconducibile nell’alveo della nozione di transitorietà”. Quindi, conclude la Corte dei Conti, “si dubita della legittimità costituzionale della norma all’esame, per violazione degli art. 3, 36 e 38 della Costituzione”.
Nei mesi scorsi il Consiglio dei Presidenti di CIDA aveva deciso di passare alle vie giudiziarie a sostegno delle pensioni medio-alte, dopo aver condotto per mesi un’intensa attività di comunicazione e di incontri con il mondo della politica per rivendicare le proprie ragioni. Certamente un’iniziativa di natura sindacale, un atto dovuto nei confronti dei pensionati iscritti alle Federazioni aderenti, ma anche un’azione politica, di carattere generale, per garantire la certezza del diritto, un valore al quale lo Stato deve necessariamente tendere per garantire la libertà dell’individuo, l’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge e non intaccare la fiducia e la credibilità dei cittadini nei confronti delle istituzioni.
CIDA, quindi, aveva dato mandato ai propri legali di proporre alcuni ricorsi “pilota” contro la riduzione dei trattamenti pensionistici e contro il blocco della perequazione. Auspichiamo quindi che anche gli altri ricorsi avviati possano produrre analoghi risultati, in particolare quelli sui quali saranno chiamati a pronunciarsi i Tribunali ordinari, in quanto riferiti a dirigenti del settore privato. Una pluralità di rinvii provenienti da sedi diverse, specialmente se corredati da motivazioni tra loro coerenti, potrà significativamente testimoniare la fondatezza delle tesi da noi sostenute.