“Finalmente si torna a parlare di capitalismo familiare e non per nostalgici richiami al ‘boom’ economico degli Anni 60, ma come analisi e proposte per collegare la sapienza e la passione di questi imprenditori, con la competenza e la professionalità dei manager”: lo ha detto Giorgio Ambrogioni, presidente di Cida, commentando l’iniziativa della Bocconi e dell’Aidaf su ‘Family business’. “I dati che si riferiscono ai passaggi generazionali del capitalismo familiare di casa nostra sono spesso impietosi – spiega Ambrogioni – e mostrano un tessuto imprenditoriale che tende a sfilacciarsi con il trascorrere degli anni e con l’avvicendarsi delle generazioni. Fortunatamente i casi contrari non mancano e sono esempi eccellenti di una sana gestione imprenditoriale che ha saputo coniugare la tradizione e il retaggio familiare, con le più moderne ed efficienti governance aziendali. Molte di queste imprese – ha aggiunto Ambrogioni – hanno anche saputo superare il limite dimensionale e sono diventate quelle che vengono definite ‘multinazionali tascabili’ in cui si è riusciti a contemperare il rapporto con il territorio e la vocazione all’export.
Il ‘made in Italy’ si poggia proprio su questo agguerrito ‘manipolo’ di imprenditori che, negli anni, ha conquistato posizioni nei mercati internazionali e innovato profondamente il ciclo produttivo avvalendosi di figure manageriali esterne dotate di grande competenza. Certo lavorare in un’impresa familiare, per un manager, è cosa diversa dall’impegno in una multinazionale o in una public company. Serve una certa dose di sensibilità, di senso di appartenenza alla storia, alla tradizione, al territorio, che sono i tratti distintivi di queste aziende. I processi formativi del manager devono servire anche a questo, a fornire gli strumenti culturali per un dialogo trasparente e costruttivo con questo tipo di imprenditori.
“Siamo convinti che sia questa la strada da percorrere, come dimostrano numerosi esempi in cui l’ingresso di figure manageriali adeguate è stato decisivo per determinare quel ‘salto di qualità’ indispensabile alla sopravvivenza dell’azienda. I ruoli dell’imprenditore e del manager sono sì distinti, ma nei casi di successo hanno saputo interagire e lavorare insieme per far crescere l’azienda.
“Ovviamente non vi sono formule valide per tutti, ma l’analisi empirica dimostra che laddove l’imprenditore dimostri di non temere di perdere il controllo dell’azienda di famiglia e il manager comprenda e accetti il coinvolgimento personale del capo azienda, i risultati in termini di qualità del prodotto e di efficienza dei sistemi sono a portata di mano”, ha concluso Ambrogioni.